E noi siamo nel mezzo...
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E noi siamo nel mezzo...
questa notizia, riportata sul sito della FIMMGRoma, apparentemente sembra buona: ottimo appiglio per le contestazioni dei burocrati ASL per prescrizioni fuori dalle linee guida (basti pensare alle limitazioni a statine, sartani, ace inibitori, e chi più ne ha...); in realtà temo che la cosa ci porterà solo problemi, come il collega citato nell'articolo ha avuto modo di constatare: non sapremo più chi se la prenderà con noi. Speriamo prevalga l'affermazione del tribunale che ho evidenziato nell'articolo...
ciao
Anpic
LA STAMPA 03/03/2011 - SANITA'
La Cassazione ai medici: "Stop ai ricoveri-lampo"
I giudici: basta "low cost" sulla pelle dei pazienzi, le dimissioni mai in base a logiche di bilancio
ROMA
I medici, prima di ogni altra cosa, si devono ricordare del giuramento di Ippocrate quando, per esigenze di bilancio, sono spinti a far quadrare i conti degli ospedali affrettando le dimissioni di pazienti che avrebbero bisogno di qualche giorno di ricovero in più rispetto agli standard previsti dalle ’linee guidà in vigore nella sanità pubblica. È la Cassazione - suscitando reazioni contrastanti - a richiamare i camici bianchi a non svilire la loro professione cedendo a «logiche mercantili», e uniformandosi a direttive delle quali non si conosce nemmeno il valore scientifico.
Il segnale è forte: a farne le spese, un medico dell’ospedale di Busto Arsizio, Roberto G. che vede di colpo cancellata la sua assoluzione dall’accusa di aver causato la morte di un paziente cardiopatico. Dimesso troppo in fretta, seppur in ottemperanza degli standard statistici di degenza. "Linee guida" rispettate e, dunque, secondo la Corte di Appello di Milano, niente responsabilit… del medico per il decesso di Romildo B., morto il giorno stesso in cui era stato mandato a casa, il 18 giugno del 2004, dopo nove giorni di ricovero per infarto del miocardio. Ma la Suprema Corte - con la sentenza 8254 della Quarta sezione penale (relatore Giacomo Foti, presidente Carlo Brusco, grande esperto in colpa medica) - non ha condiviso la prevalenza delle preoccupazioni di tipo manageriale sul diritto alla salute.
I giudici hanno accolto il reclamo della Procura di Milano, della moglie e del figlio del povero Romildo. Fumatore incallito, obeso, con problemi di glicemia e trigliceridi alti: quel paziente era a rischio. Non doveva essere dimesso. Nel mirino della Cassazione, innanzitutto, finiscono le "linee guida". «Nulla si conosce dei loro contenuti, né - sottolineano i supremi giudici - dell’autorità dalle quali provengono, né del loro livello di scientificità, nè delle finalità che con esse si intende perseguire, nè è dato di conoscere se rappresentino un ulteriore garanzia per il paziente». Oppure - proseguono - se «altro non sono che uno strumento per garantire l’economicità della gestione della struttura ospedaliera». «A nessuno - continua la Cassazione - è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, nè di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ ammalato».
I magistrati ricordano, inoltre, ai medici che - prima di tutto - non sono tenuti «al rispetto di quelle direttive in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non possono andare esenti da colpa ove se ne lascino condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria missione a livello ragionieristico». Ora, per il medico si apre un nuovo processo. Se si accerterà che le "linee guida" erano solo improntate al low cost, non potrà usufruire di «alcun salvacondotto, neanche morale». A suo carico potrebbe essere ripristinata la condanna a otto mesi di reclusione, per omicidio colposo, inflittagli in primo grado dal gup, insieme all’ordine di versare 50 mila euro come prima tranche del risarcimento ai familiari per la morte di Romildo.
La sentenza non è piaciuta a Giovanni Monchiero, presidente del Fiaso che rappresenta il 60% delle aziende sanitarie e ospedaliere: «È paradossale - ha detto - che la variabile economica sia insignificante. Bisognerebbe, allora, condannare il ministro dell’Economia a triplicare le risorse destinate alla sanità. Si afferma un principio che non è accettabile». Secondo Ignazio Marino (Pd), «la Cassazione intende tutelare il diritto alla salute, costituzionalmente garantito: tuttavia, sono convinto che le linee guida introdotte negli ospedali dei paesi industrializzati abbiano rappresentato un significativo progresso per la qualità della sanita». Per Massimo Cozza, della Cgil, la Cassazione ha ragione ma «il medico rischia di pagare sulla propria pelle i limiti di un sistema sanitario che affronta una deriva ragionieristica». Finalmente è stato colto l’allarme sul«fenomeno delle "dimissioni forzate"», ha commentato Francesca Moccia, del Tribunale per i diritti del malato.
La reazione dell'ANAAO
SANITA': TROISE (ANAAO), SENTENZA CASSAZIONE RISCHIA DI ALIMENTARE MEDICINA DIFENSIVA =
Roma, 3 mar. (Adnkronos Salute) - Rischia di "alimentare la medicina difensiva" la sentenza della Cassazione secondo la quale i 'camici bianchi' possono essere chiamati a rispondere di omicidio colposo se dimettono 'sbrigativamente' dall'ospedale pazienti a rischio, che poi muoiono. Lo evidenzia il segretario nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise, che pure all'Adnkronos Salute dice di "condividere appieno le premesse" della sentenza 8254 della quarta sezione penale della Suprema Corte, che segna uno stop alle dimissioni troppo precipitose a tutela della salute dei pazienti.
"Condivido assolutamente le premesse, secondo cui l'aspetto professionale deve essere preminente rispetto alle logiche economiche. Ma le conclusioni - dice Troise - mi lasciano perplesso. Un evento avverso può capitare in ogni momento, a casa come in ospedale", mentre è fondamentale che "il paziente sia stabile e asintomatico quando viene dimesso". Insomma, la paura di possibili conseguenze giudiziarie non deve guidare la decisione del medico. Esattamente come non devono farlo le logiche economiche. Altrimenti "per assurdo, chi si prenderebbe la responsabilità di dimettere mai un paziente?", si chiede Troise.
"La sentenza, che mi sembra entri decisamente nel merito della vicenda, chiama anche in causa le linee guida - prosegue Troise - e sottolinea che a un medico, per liberarsi da ogni responsabilità, non basta dire di essersi 'attenuto scrupolosamente alle linee guida'".
- "Ma è bene ricordare - avverte Troise - che le linee guida sono suggerimenti elaborati in genere da società scientifiche, che servono per orientare il medico, non sono imposizioni" o salvacondotti. "Altra cosa - prosegue - sono le direttive aziendali, che pure vengono chiamate in causa nel testo. Leggendo le anticipazioni, mi sembra ci sia una certa confusione fra questi due aspetti, dunque occorrerebbe leggere il testo integrale della sentenza".
Se poi la Cassazione stabilisce che "la valutazione di dimissibilità deve essere di ordine medico, non statistico", in questo caso Troise non può che essere d'accordo. Il problema è che, azzerando 'utilità delle linee guida, "si tornerebbe all'opinione dei singoli, facendo piazza pulita dei recenti progressi della medicina. Di fatto - conclude - si tornerebbe indietro a un'epoca pre-moderna". (Mal/Adnkronos Salute)
ciao
Anpic
LA STAMPA 03/03/2011 - SANITA'
La Cassazione ai medici: "Stop ai ricoveri-lampo"
I giudici: basta "low cost" sulla pelle dei pazienzi, le dimissioni mai in base a logiche di bilancio
ROMA
I medici, prima di ogni altra cosa, si devono ricordare del giuramento di Ippocrate quando, per esigenze di bilancio, sono spinti a far quadrare i conti degli ospedali affrettando le dimissioni di pazienti che avrebbero bisogno di qualche giorno di ricovero in più rispetto agli standard previsti dalle ’linee guidà in vigore nella sanità pubblica. È la Cassazione - suscitando reazioni contrastanti - a richiamare i camici bianchi a non svilire la loro professione cedendo a «logiche mercantili», e uniformandosi a direttive delle quali non si conosce nemmeno il valore scientifico.
Il segnale è forte: a farne le spese, un medico dell’ospedale di Busto Arsizio, Roberto G. che vede di colpo cancellata la sua assoluzione dall’accusa di aver causato la morte di un paziente cardiopatico. Dimesso troppo in fretta, seppur in ottemperanza degli standard statistici di degenza. "Linee guida" rispettate e, dunque, secondo la Corte di Appello di Milano, niente responsabilit… del medico per il decesso di Romildo B., morto il giorno stesso in cui era stato mandato a casa, il 18 giugno del 2004, dopo nove giorni di ricovero per infarto del miocardio. Ma la Suprema Corte - con la sentenza 8254 della Quarta sezione penale (relatore Giacomo Foti, presidente Carlo Brusco, grande esperto in colpa medica) - non ha condiviso la prevalenza delle preoccupazioni di tipo manageriale sul diritto alla salute.
I giudici hanno accolto il reclamo della Procura di Milano, della moglie e del figlio del povero Romildo. Fumatore incallito, obeso, con problemi di glicemia e trigliceridi alti: quel paziente era a rischio. Non doveva essere dimesso. Nel mirino della Cassazione, innanzitutto, finiscono le "linee guida". «Nulla si conosce dei loro contenuti, né - sottolineano i supremi giudici - dell’autorità dalle quali provengono, né del loro livello di scientificità, nè delle finalità che con esse si intende perseguire, nè è dato di conoscere se rappresentino un ulteriore garanzia per il paziente». Oppure - proseguono - se «altro non sono che uno strumento per garantire l’economicità della gestione della struttura ospedaliera». «A nessuno - continua la Cassazione - è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, nè di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ ammalato».
I magistrati ricordano, inoltre, ai medici che - prima di tutto - non sono tenuti «al rispetto di quelle direttive in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non possono andare esenti da colpa ove se ne lascino condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria missione a livello ragionieristico». Ora, per il medico si apre un nuovo processo. Se si accerterà che le "linee guida" erano solo improntate al low cost, non potrà usufruire di «alcun salvacondotto, neanche morale». A suo carico potrebbe essere ripristinata la condanna a otto mesi di reclusione, per omicidio colposo, inflittagli in primo grado dal gup, insieme all’ordine di versare 50 mila euro come prima tranche del risarcimento ai familiari per la morte di Romildo.
La sentenza non è piaciuta a Giovanni Monchiero, presidente del Fiaso che rappresenta il 60% delle aziende sanitarie e ospedaliere: «È paradossale - ha detto - che la variabile economica sia insignificante. Bisognerebbe, allora, condannare il ministro dell’Economia a triplicare le risorse destinate alla sanità. Si afferma un principio che non è accettabile». Secondo Ignazio Marino (Pd), «la Cassazione intende tutelare il diritto alla salute, costituzionalmente garantito: tuttavia, sono convinto che le linee guida introdotte negli ospedali dei paesi industrializzati abbiano rappresentato un significativo progresso per la qualità della sanita». Per Massimo Cozza, della Cgil, la Cassazione ha ragione ma «il medico rischia di pagare sulla propria pelle i limiti di un sistema sanitario che affronta una deriva ragionieristica». Finalmente è stato colto l’allarme sul«fenomeno delle "dimissioni forzate"», ha commentato Francesca Moccia, del Tribunale per i diritti del malato.
La reazione dell'ANAAO
SANITA': TROISE (ANAAO), SENTENZA CASSAZIONE RISCHIA DI ALIMENTARE MEDICINA DIFENSIVA =
Roma, 3 mar. (Adnkronos Salute) - Rischia di "alimentare la medicina difensiva" la sentenza della Cassazione secondo la quale i 'camici bianchi' possono essere chiamati a rispondere di omicidio colposo se dimettono 'sbrigativamente' dall'ospedale pazienti a rischio, che poi muoiono. Lo evidenzia il segretario nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise, che pure all'Adnkronos Salute dice di "condividere appieno le premesse" della sentenza 8254 della quarta sezione penale della Suprema Corte, che segna uno stop alle dimissioni troppo precipitose a tutela della salute dei pazienti.
"Condivido assolutamente le premesse, secondo cui l'aspetto professionale deve essere preminente rispetto alle logiche economiche. Ma le conclusioni - dice Troise - mi lasciano perplesso. Un evento avverso può capitare in ogni momento, a casa come in ospedale", mentre è fondamentale che "il paziente sia stabile e asintomatico quando viene dimesso". Insomma, la paura di possibili conseguenze giudiziarie non deve guidare la decisione del medico. Esattamente come non devono farlo le logiche economiche. Altrimenti "per assurdo, chi si prenderebbe la responsabilità di dimettere mai un paziente?", si chiede Troise.
"La sentenza, che mi sembra entri decisamente nel merito della vicenda, chiama anche in causa le linee guida - prosegue Troise - e sottolinea che a un medico, per liberarsi da ogni responsabilità, non basta dire di essersi 'attenuto scrupolosamente alle linee guida'".
- "Ma è bene ricordare - avverte Troise - che le linee guida sono suggerimenti elaborati in genere da società scientifiche, che servono per orientare il medico, non sono imposizioni" o salvacondotti. "Altra cosa - prosegue - sono le direttive aziendali, che pure vengono chiamate in causa nel testo. Leggendo le anticipazioni, mi sembra ci sia una certa confusione fra questi due aspetti, dunque occorrerebbe leggere il testo integrale della sentenza".
Se poi la Cassazione stabilisce che "la valutazione di dimissibilità deve essere di ordine medico, non statistico", in questo caso Troise non può che essere d'accordo. Il problema è che, azzerando 'utilità delle linee guida, "si tornerebbe all'opinione dei singoli, facendo piazza pulita dei recenti progressi della medicina. Di fatto - conclude - si tornerebbe indietro a un'epoca pre-moderna". (Mal/Adnkronos Salute)
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Data d'iscrizione : 23.02.11
Re: E noi siamo nel mezzo...
Io mi chiedo, ma nelle altre Nazioni Civili, come fanno a fare i medici? Qua si parlava tanto di linee guida, quasi anche per andare al bagno, ora viene messo tutto in discussione. Non sarà che si vuole far saltare il SSN. Se l'acqua è poca la papera non galleggia.
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